Ultime Sentenze in materia di intestazione di quote societarie ed accertamenti da redditometro

News | pubblicato il 31-03-2019
a cura di Studio Gargani

La Sentenza n.5026/2018 del Tribunale di Milano ha affermato che, in caso di un accordo tra i coniugi per la costituzione di una società in cui i capitali siano effettivamente conferiti unicamente dal marito, mentre la moglie risulti apparentemente intestataria dell’intera partecipazione, vi è l’obbligo di trasferire l’intestazione della partecipazione all’effettivo soggetto che ha provveduto a fornire le disponibilità economiche(nel caso in esame il marito).

Per il Tribunale di Milano, in sostanza, tale fattispecie è riconducibile a quella del negozio fiduciario, mentre non si rientrerebbe nell’interposizione fittizia di persona (mancherebbe il soggetto terzo dell’accordo trilaterale oltre all’interponente ed all’interposto) e neanche nella fattispecie della simulazione assoluta del contratto costitutivo della società (in quanto ci sarebbe comunque l’effettiva volontà di costituire un soggetto giuridico nuovo e distinto dai singoli soci).

Trattandosi, quindi, di negozio fiduciario stipulato oralmente ed avente ad oggetto l’obbligo del fiduciario di trasferire al fiduciante la partecipazione, la prova dello stesso può essere data anche attraverso presunzioni o testimoni (non applicandosi al negozio fiduciario l’art.2722 c.c. e neanche l’art. 2725 c.c. sull’inammissibilità della prova testimoniale).

Alla base della decisione, oltre al fatto che le disponibilità economiche provenivano dal marito, anche il notaio che aveva redatto l’atto costitutivo testimoniava la “centralità” della figura di quest’ultimo (che non aveva voluto comparire in atto) ed era evidente l’importanza dello stesso nella gestione della società e nei rapporti con i terzi; pertanto il Tribunale di Milano, ritenendo possibile l’esecuzione in forma specifica del negozio fiduciario ex art. 2932 c.c. , disponeva il trasferimento della partecipazione dalla moglie al marito ed anche l’iscrizione della sentenza al Registro delle imprese.

La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la Sentenza n. 872/2019 depositata il 16 gennaio 2019, ha confermato la Sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate ai fini Irpef, ex art. 38 del DPR n.600/1973, nei confronti di una contribuente per l’acquisto delle quote di una Srl.

Per la Corte di Cassazione, tale “accertamento da redditometro” emesso sulla base della spesa per incrementi patrimoniali, non era annullabile, in quanto il contribuente non era stato in grado di dimostrare, con idonea documentazione, che in realtà vi era stata un’interposizione di persona nell’acquisto delle quote societarie e che effettivamente lei non ne aveva pagato il prezzo.

A fronte dell’esistenza di elementi di fatto certi, ovvero della spesa effettuata come risultante dal rogito del notaio da cui deriva la presunzione della disponibilità di un determinato reddito complessivo, la contribuente aveva l’onere di dimostrare l’inesistenza della relativa capacità reddituale che le era stata riconosciuta.

Non è bastato ai giudici la presentazione di una scrittura privata o dichiarazione ricognitiva che riconduceva ad un’altra persona la titolarità delle quote ed il conseguente mancato sostenimento della spesa per l’acquisto delle stesse (al massimo poteva essere attribuito ad essa un mero valore indiziario), in quanto risultava priva dei requisiti di certezza sia relativamente alla provenienza, sia alla data in cui era stata redatta e sia in merito alla veridicità del contenuto.

Tale scrittura privata non è stata considerata, pertanto, una prova documentale opponibile, quanto piuttosto un tentativo di utilizzare una prova testimoniale, esclusa nei procedimenti tributari.

Da ultimo, la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 8645/2019 del 28 marzo 2019, resa sempre in tema di ricorso avverso un avviso di accertamento di tipo sintetico emesso nei confronti di un contribuente sulla base della spesa per incrementi patrimoniali dovuta ad un finanziamento concesso ad una società (poi oggetto di rinuncia e successivo aumento di capitale), ha ribadito che non sono utilizzabili in sede contenziosa i documenti richiesti dall’Ufficio e non presentati tempestivamente dal contribuente nella fase precontenziosa, a meno che lo stesso non provi che il ritardo non è a lui imputabile o che sia direttamente imputabile a terzi nel caso di documentazione proveniente da questi ultimi.

Nel caso oggetto della Sentenza, si trattava di una risposta tardiva al questionario da parte del contribuente, per la produzione di documenti che attestassero il suo ruolo di mero fiduciario e la provenienza delle somme erogate da parte di un altro soggetto(prima a titolo di finanziamento, poi imputate ad altra forma di capitalizzazione della società).

Ebbene, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la non imputabilità al contribuente del ritardo della consegna della documentazione, in quanto proveniente da terzi non a lui riconducibili, evitando, quindi, la preclusione probatoria dell’art.32, c.4, del DPR. n.600/1973, al fine di non comprimere ingiustificatamente il suo diritto di difesa.

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