Dal 01 luglio 2018 i datori di lavoro non possono più corrispondere lo stipendio o qualsiasi anticipo di esso sotto forma di contante ai propri dipendenti e la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituirà più prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Stop al pagamento in contanti!
Questo è quanto stabilito dalla nuova legge di bilancio 2018 in particolare al comma 910 e seguenti, che vale per tutti i tipi di rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalle modalità di svolgimento e della durata del rapporto eccetto nei rapporti con la Pubblica Amministrazione e nei rapporti rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici (colf, badanti e baby sitter).
Il legislatore ha voluto cosi contrastare quanto più possibile, il comportamento nella maggior parte dei casi, scorretto del datore di lavoro. In taluni casi consegna al proprio dipendente una busta paga, ma il pagamento della retribuzione poi è molto più basso, in altri sotto il ricatto del licenziamento o della mancata assunzione, corrisponde stipendi inferiori ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva.
La retribuzione potrà essere corrisposta solo attraverso una banca o un ufficio postale tramite: bonifico, strumenti di pagamento elettronico, emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o un suo delegato, oppure pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento. Stop al pagamento in contanti.
Per chi viola l’obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Tale novità, a mio avviso, condivisibile in tutto, mira a salvaguardare i lavoratori dalla cosiddetta “falsa busta paga”, che non solo vengono privati della retribuzione per il lavoro prestato ma sono lesi nella loro dignità e nel diritto a una giusta retribuzione. Al contrario, invece per il datore di lavoro la corresponsione di una retribuzione inferiore si traduce inevitabilmente in un vantaggio illecito, che però dal 1 luglio non sarà più perseguibile o almeno si spera. Per maggiori approfondimenti in materia è possibile contattare lo studio dall’apposito form.
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