La Sentenza n.3571/2019 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di mancata dimostrazione da parte dell’imputato dell’avvenuta distruzione delle scritture contabili obbligatorie, è corretta la contestazione da parte degli agenti verificatori del loro occultamento e pertanto non poteva sostenersi l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art.10 del D.Lgs. n.74/2000, individuando quale momento consumativo dello stesso la data di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno oggetto di verifica.
Il discrimine tra le due fattispecie previste dall’art.10 sopra richiamato, ovvero la distruzione o l’occultamento delle scritture contabili obbligatorie al fine di non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari, sta nel fatto che la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo e, qualora la stessa venga dimostrata da parte del contribuente anche in ordine al momento in cui si reputi avvenuta, la prescrizione del reato decorre dal momento della soppressione della contabilità non esibita alla richiesta degli agenti verificatori; mentre l’occultamento, che corrisponde all’indisponibilità temporanea o permanente delle scritture contabili obbligatorie da parte degli agenti verificatori, è da considerarsi un reato permanente che si consuma al momento in cui viene svolto l’accertamento e solo da tale momento decorre il termine di prescrizione.
Anche la Sentenza n.6914/2019 emessa dalla stessa Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha riguardato il reato ex art.10 del D.Lgs. n.74/2000 di occultamento delle scritture contabili obbligatorie (che prevede la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni), al fine di non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari, stabilendo che lo stesso si consuma nel momento in cui non si adempie all’obbligo di esibizione alla richiesta dei verificatori e da tale momento decorre il termine di prescrizione.
Inoltre il contribuente risulterà punibile se anche, prima della fine dell’ispezione, decidesse di collaborare esibendo la documentazione in precedenza occultata. Proprio la successiva esibizione dei documenti contabili era il motivo per cui il contribuente contestava l’occultamento e quindi la consumazione stessa del reato.
La Corte di Cassazione ha, però, ribadito che, a differenza della distruzione delle scritture contabili obbligatorie (reato istantaneo che non può cessare), l’occultamento è un reato permanente che si consuma nel momento in cui i verificatori richiedono di esaminare i documenti contabili e che permane fin quando è consentito il controllo; il contribuente può discrezionalmente farlo cessare producendo successivamente i documenti richiesti, ponendo fine in tal caso solo alla permanenza del reato, ma non certamente al reato in sé.
Sarebbe possibile escludere anche l’esistenza del reato, solo qualora si riuscisse a ricostruire le operazioni e ad accertare i conseguenti redditi e volume d’affari sulla base di altra documentazione posseduta dal contribuente, senza necessità di reperirla altrove e non destinata a rimanere segreta.
E’ da sottolineare, infine, la Sentenza della Corte di Cassazione n.1925/2019 con la quale si conferma che non basta ad escludere la fattispecie del reato di bancarotta fraudolenta documentale ex artt.216 e 223 del R.D.n.267/1942 l’utilizzo di una contabilità parallela (“in nero”, “ufficiosa”, destinata comunque a rimanere segreta) o la collaborazione prestata dall’autore per la ricostruzione del patrimonio e per la quantificazione dei redditi e del volume d’affari, in caso di omissione della tenuta delle scritture contabili obbligatorie, in quanto l’offesa al bene giuridico tutelato, inteso come l’interesse dei creditori alla conoscenza dell’effettivo patrimonio del debitore, si è già verificata.
Il reato in questione è indubbio quando la ricostruzione della contabilità sia stata possibile attraverso l’utilizzo di documentazione acquisita presso terzi; la Sentenza in oggetto, nonostante una giurisprudenza non univoca sul punto, ritiene, invece, esistente il reato anche nel caso in cui sia stato possibile ricostruirla, ma solo superando ostacoli e difficoltà con una “diligenza particolare” e attraverso documentazione ufficiosa proveniente dal fallito, istituita proprio allo scopo di occultare condotte distrattive e di evasione d’imposta e destinata, pertanto, a rimanere segreta ed utilizzabile solo da chi aveva contezza dei ricavi in nero.
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