L’Agenzia delle Entrate si è recentemente espressa in merito al trattamento fiscale relativo a due fattispecie inerenti i trasferimenti di partecipazioni societarie, attraverso la Risposta all’interpello n.257 del 17 luglio 2019 ed il Principio di Diritto n. 20 del 23 luglio 2019.
Il primo caso esaminato riguardava una donazione di partecipazioni di società di capitali fatta dai genitori ai figli e l’esenzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ex art.3, comma 4-ter del D.Lgs. n.346/90.
Tale norma prevede appunto l’esenzione da tale imposta per i trasferimenti gratuiti, sia inter vivos che mortis causa, di aziende o partecipazioni a favore dei discendenti diretti o del coniuge del donante, purché siano rispettate le seguenti condizioni:
- Il trasferimento deve consentire al donatario di acquisire o integrare il controllo della società ex art.2359, comma 1, n.1 del codice civile (controllo di diritto);
- I beneficiari della donazione dovranno detenere il controllo della società per almeno cinque anni dalla data del trasferimento stesso e tale condizione dovrà essere dichiarata in atto.
Con la Risposta all’interpello n. 257, l’Agenzia delle Entrate ribadisce che spetta l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per il trasferimento a titolo gratuito dai genitori ai figli della piena proprietà e dell’usufrutto di partecipazioni di una società di capitali (per garantire il passaggio generazionale dell’impresa), anche qualora i figli beneficiari acquisiscano o integrino il controllo della società attraverso le quote detenute in comunione.
Per tali quote in comproprietà è però condizione necessaria che i diritti dei comproprietari vengano esercitati attraverso la nomina di un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Il controllo di diritto andrà pertanto verificato in capo al beneficiario o ai beneficiari comproprietari e potrà essere acquisito non solo nell’ipotesi in cui venga trasferita una partecipazione già di controllo, ma anche qualora si raggiunga il controllo sommando alle partecipazioni già in possesso quelle ottenute a seguito della donazione (acquisizione o integrazione del controllo appunto).
Infine viene precisato che, se la comunione cessasse prima dei cinque anni dalla donazione, periodo minimo richiesto dalla norma, verrebbe meno il requisito del controllo e di conseguenza si decadrebbe dall’agevolazione, con l’obbligo di versare l’imposta ordinaria, con le sanzioni e gli interessi dalla data in cui la stessa avrebbe dovuto essere pagata in origine.
Con il Principio di Diritto n. 20, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che in caso di cessione di una partecipazione per la quale si era proceduto a rivalutare il costo fiscale in base ad una delle varie leggi che si sono succedute negli anni, è possibile configurare un indebito vantaggio fiscale se il cessionario è una società su cui il cedente stesso esercita il controllo.
Il caso in esame riguardava la cessione di partecipazioni rivalutate da parte di quattro soci a favore di una società partecipata da solo uno degli stessi cedenti e dai suoi due figli; con il genitore cedente che nonostante avesse la minoranza delle quote della società cessionaria, ne esercitava ugualmente il controllo in base a poteri speciali attribuitigli in caso di disaccordo tra i figli o per altre circostanze espressamente previste.
Mentre infatti le leggi che prevedono la possibilità di rivalutare il costo delle partecipazioni sono ispirate a favorire la circolazione delle stesse, nell’ipotesi considerata si realizzava un indebito vantaggio fiscale, consistente nell’incasso di utili della società cedente senza realizzare un effettivo disinvestimento delle partecipazioni verso terzi (per il solo cedente rimasto socio anche della società cessionaria esercitandone sostanzialmente il controllo).
In sostanza, in tale circostanza, si configura la distribuzione di dividendi da parte della società ceduta (che sarebbe imponibile in capo ai soci), trasformandola artificiosamente nel corrispettivo della cessione della partecipazione che, invece, non determina tassazione proprio in quanto rivalutata al fine di non generare plusvalenza; realizzando, pertanto, una vendita a sé stessi e non a terzi.
Tale circolarità dell’operazione, è però ravvisabile solo qualora vi sia perfetta identità soggettiva e quantitativa tra i cedenti ed i soci della cessionaria; qualora l’identità qualitativa e quantitativa sia solo parziale, come nel caso in esame, la cessione delle partecipazione mantiene quindi la natura realizzativa e resta valida per i soci non più presenti nella società cessionaria.
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