Alcuni recenti interpelli all’Agenzia delle Entrate hanno riguardato la fattibilità di alcune operazioni di riorganizzazione aziendale, mirate al passaggio generazionale, alla luce del possibile giudizio sull’abuso del diritto ai sensi dell’art.10- bis, c.3, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Tale norma prevede espressamente che non si considerano abusive in ogni caso le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, finalizzate al miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Questa esimente delle valide ragioni economiche extrafiscali, per giustificare operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto delle norme fiscali realizzano vantaggi fiscali indebiti, va intesa nel senso che l’operazione di cui si discute non sarebbe stata posta in essere in assenza delle stesse ed andranno, pertanto, ricercate caso per caso.
La sostanza economica dell’operazione, secondo un primo orientamento riguarderebbe l’ambito oggettivo dell’operazione, ovvero la congruità degli strumenti giuridici utilizzati per raggiungere gli obiettivi del contribuente, mentre le ragioni extrafiscali si riferirebbero più alle motivazioni soggettive che potrebbero aver portato il contribuente stesso a porre in essere l’operazione.
Secondo un’altra tesi, invece, se un’operazione è considerata priva di sostanza economica, non ci possono essere valide ragioni extrafiscali che la giustifichino, ancorché a carattere organizzativo o gestionale; se queste ultime sono, invece, presenti, l’operazione non è priva di sostanza economica.
Con la risposta all’interpello n.341/2019, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto abusiva la sequenza di un insieme di negozi giuridici posti in essere al fine di far fuoriuscire i soci di prima generazione dalla società ed assicurare il ricambio generazionale nella stessa.
L’operazione prevedeva dapprima la rivalutazione delle quote sociali e la successiva cessione delle stesse ad una società neo costituita dai figli ed infine una fusione di quest’ultima nella società operativa. L’Agenzia ha ritenuto che l’obiettivo economico perseguito dagli istanti non giustificasse la serie di operazioni da porre in essere, ma piuttosto, fosse finalizzato a perseguire l’interesse personalistico dei soci uscenti, per minimizzare il loro carico tributario, con l’aggiramento delle norme sul recesso, che non prevedono la possibilità di fruire della norma speciale sulla rivalutazione del costo fiscale delle partecipazioni, realizzando così un indebito vantaggio fiscale.
E l’assenza della sostanza economica, nonché delle valide ragioni extrafiscali è stata fatta discendere proprio dall’incoerenza e dall’eccessiva complicazione dello schema negoziale posto in essere, al posto di quello più diretto ma meno favorevole dal punto di vista dell’impatto fiscale.
Così come in precedenza, nella risposta all’interpello n.30/2018, non si erano riscontrate le valide ragioni extrafiscali che giustificassero un conferimento di partecipazioni e la successiva scissione della conferitaria, al posto di un’operazione più diretta ed efficiente.
Successivamente la stessa Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n.450/2019 del 30 ottobre 2019, ha invece ritenuto non abusiva la serie di operazioni prospettate dall’istante al fine di realizzare il passaggio generazionale, consistenti nel conferimento da parte di un genitore di una partecipazione di controllo in una newco ex art.177, c.2 del Tuir (in neutralità fiscale); stipulazione di un patto di famiglia per la donazione della partecipazione di controllo della conferitaria in comproprietà ai figli, mediante nomina di un rappresentante comune (in esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni trattandosi del trasferimento di un’unica partecipazione di controllo gestita dai tre figli attraverso il rappresentante comune, ex art. 3, c.4-ter D.Lgs. n.346/1990); infine, scissione della conferitaria decorsi cinque anni in tre nuove società da assegnare singolarmente a ciascuno dei figli che continuerebbero, pertanto, l’attività d’impresa non più in comunione, ma singolarmente.
Nella risposta in esame, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto il conferimento della partecipazione di controllo in neutralità fiscale con cui la conferitaria acquisisce il controllo di diritto della società conferente, un’operazione legittima e che non realizza salti d’imposta mediante la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, con la newco che incrementa il proprio patrimonio netto del valore pari al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al conferente; inoltre, riguardo al patto di famiglia ed all’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, lo stesso è da ritenersi lecito quando è finalizzato al passaggio generazionale delle aziende di famiglia e prevede la prosecuzione dell’attività d’impresa ed il mantenimento del controllo della stessa per un periodo minimo di cinque anni dal trasferimento da parte dei beneficiari.
Infine, l’Agenzia non si è pronunciata sulla terza fase (la scissione, anch’essa in neutralità fiscale, dopo il decorso dei cinque anni dalla stipula del patto di famiglia),non disponendo di adeguate informazioni per valutare l’eventuale abuso del diritto; ma trattandosi della conclusione n
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