Due recenti interpelli hanno riguardato l’operazione straordinaria della scissione, relativamente all’attribuzione alla beneficiaria dell’eventuale riserva di rivalutazione iscritta nel bilancio della società scissa in seguito alla rivalutazione degli immobili ed alla configurabilità o meno dell’abuso del diritto in seguito ad una scissione cosiddetta asimmetrica.
Con la risposta all’interpello n. 97 del 27 marzo 2020 l’Agenzia delle Entrate si è occupata della prima fattispecie e di come era necessario ricostituire la riserva di rivalutazione degli immobili nel patrimonio della società beneficiaria.
Tale riserva si era costituita con il saldo attivo non affrancato derivante dalla rivalutazione ai fini fiscali dell’immobile strumentale di proprietà della scissa e rappresentava, pertanto, una riserva in sospensione d’imposta.
Tali poste di patrimonio sono disciplinate dall’art.173 c.9 del Tuir che prevede la ricostituzione delle stesse nel patrimonio netto delle beneficiarie ai sensi di quanto stabilito dal precedente c.4, vale a dire in proporzione alle rispettive quote del patrimonio netto trasferito o rimasto alla scissa.
Questa disciplina è però configurabile per la tipologia di riserve non collegate ad elementi specifici del patrimonio della scissa; qualora, invece, le riserve di rivalutazione fossero collegate ad elementi individuati e specifici del patrimonio oggetto di scissione, le stesse andrebbero ricostituite integralmente nel patrimonio delle società beneficiarie dei singoli elementi che le hanno originate.
E’, pertanto, possibile identificare un principio generale nell’art.173, c.9, del TUIR contenuto nel primo periodo, ovvero quello della ricostituzione proporzionale al patrimonio trasferito o rimasto per le riserve in sospensione d’imposta ed un principio residuale contenuto nel secondo periodo dello stesso articolo, che impone la ricostituzione integrale di tali riserve se connesse ad elementi specifici nel patrimonio delle beneficiarie che hanno ricevuto i relativi beni.
Nel caso oggetto dell’istanza di interpello, la riserva era stata costituita ex DL n. 185/2008; in base a tale normativa, qualora i beni oggetto di rivalutazione fossero stati ceduti a titolo oneroso (o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, o assegnati ai soci) prima della fine del quinto anno rispetto a quello nel cui bilancio era stata recepita la rivalutazione, per la determinazione delle plusvalenze o minusvalenze a seguito di tale realizzo si sarebbe utilizzato il costo non rivalutato, con la conseguente cessazione del vincolo di sospensione d’imposta per la riserva riferita a tali beni.
Da ciò ne consegue che, se la scissione fosse avvenuta prima del 2014 (prima quindi che spirasse il termine del periodo di sorveglianza dei cinque anni), la beneficiaria che avesse ricevuto i beni rivalutati, avrebbe dovuto ricostituire nel proprio patrimonio integralmente la riserva in sospensione d’imposta e non in proporzione alla quota di patrimonio netto ricevuta, così come era previsto anche dalla Ris. della stessa Agenzia delle Entrate n.98/2017, in considerazione della stretta relazione e reciproca influenza esistente nel periodo di sorveglianza stabilito dalle varie leggi di rivalutazione, tra le situazioni economiche e giuridiche degli immobili oggetto di rivalutazione e le riserve in sospensione d’imposta.
Solo dopo la fine del periodo di sorveglianza, invece, il costo fiscalmente riconosciuto dei beni rivalutati diventa definitivo, così come la riserva di rivalutazione collegata rimane definitivamente in sospensione d’imposta e sarà, pertanto, applicabile il principio generale dell’art.173,c.9 del TUIR di ricostituzione delle stesse nel patrimonio delle beneficiarie in proporzione alla quota di patrimonio netto trasferito o rimasto alla scissa.
Con la risposta all’interpello n.98 sempre del 27 marzo 2020, l’Agenzia delle Entrate si è occupata di un caso di scissione asimmetrica, confermando quanto già affermato in precedenza, che per tale tipologia di operazione straordinaria di riorganizzazione aziendale non si configura abuso del diritto, essendo le stessa fisiologica e naturale per consentire ai soci della scissa di continuare a svolgere in modo autonomo la propria attività imprenditoriale.
Il caso in esame riguardava una Snc partecipata da due soci, ognuno dei quali aveva in affitto un ramo d’azienda; attraverso la scissione asimmetrica a favore di una società beneficiaria partecipata da uno solo dei soci già affittuario di uno dei rami d’azienda, si voleva addivenire alla definitiva separazione delle strade imprenditoriali, mantenendo nella scissa l’altro ramo attribuito esclusivamente all’altro affittuario (che nella fattispecie era una Srl partecipata quasi interamente dal secondo socio della Snc).
In seguito all’operazione di scissione il contratto di affitto d’azienda della beneficiaria si sarebbe risolto per confusione, mentre l’altro per volontà dell’unico socio di voler proseguire l’attività direttamente attraverso la stessa Snc, poi trasformata in Srl.
Sempre nella risposta, infine, viene ribadito che l’Amministrazione finanziaria potrà comunque esercitare il potere di controllo al fine di verificare che non vi sia stata una distribuzione patrimoniale tra i soci non equa rispetto al valore delle partecipazioni originariamente in possesso degli stessi.
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