Con la risposta all’interpello n.399 del 27 luglio 2023, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato, al fine di individuare se si trattasse di cessione di un ramo d’azienda o di singoli beni, il caso in cui una società multinazionale a capo di un gruppo operante nel settore automotive, sottoscriveva un contratto con un altro gruppo del settore automobilistico, con cessione a quest’ultimo dei beni prodotti nell’ambito del progetto commissionato dal cliente stesso (inventories), destinati alla rottamazione e dei brevetti ed opere dell’ingegno (work results).
Il tutto a fronte di un corrispettivo, al fine di supportare la produzione da parte del cedente dei beni necessari alle società del cessionario, con il vincolo che tali somme non fossero destinate al rimborso di finanziamenti o alla distribuzione di dividendi ed inoltre che il cedente non fosse assoggettato a procedure concorsuali, pena la restituzione delle stesse.
Affinché si possa parlare di cessione di un ramo d’azienda è necessario che in seguito all’operazione posta in essere ed al trasferimento dei beni materiali ed immateriali sia possibile proseguire autonomamente l’attività d’impresa; ovvero che esista ancora un residuo di organizzazione, anche nel caso non siano trasferiti tutti i beni che costituivano l’azienda originaria.
Tale principio è stato anche ribadito da costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, per la quale l’organizzazione degli elementi ceduti deve consentire di iniziare o proseguire un’attività d’impresa, anche eventualmente con una successiva integrazione da parte del cessionario, perché si possa parlare di cessione di ramo d’azienda.
Nel caso oggetto di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha riscontrato che i beni ceduti erano destinati alla rottamazione e non impiegabili, quindi, in un nuovo processo produttivo; mentre per quanto riguardava la cessione dei brevetti e delle opere dell’ingegno derivanti dai progetti a suo tempo commissionati, la stessa era rivolta a trasferirli definitivamente a due distinte società appartenenti al gruppo cessionario.
Ed inoltre, il contratto sottoscritto dai due gruppi era finalizzato principalmente a salvaguardare, la continuità aziendale del cedente, attraverso il corrispettivo pattuito ed assoggettato al vincolo di destinazione evidenziato, più che al trasferimento effettivo di un ramo d’azienda al cessionario. In base a tali riscontri, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, tali operazioni devono essere valutate autonomamente e non, pertanto, come cessione di ramo d’azienda, non essendo i beni materiali ed immateriali trasferiti idonei a consentire lo svolgimento o la prosecuzione di un’attività economica organizzata.
Anche con la successiva risposta all’interpello n.404 del 28 luglio 2023, l’Agenzia delle Entrate si è occupata della cessione di un complesso immobiliare al fine di qualificarla, in funzione del principio dell’alternatività tra IVA ed imposta di registro, come cessione d’azienda (in tal caso non sconterebbe IVA ma sarebbe assoggettata ad imposta di registro) o come plurime cessioni di immobili (autonomamente soggette all’IVA o all’imposta di registro in base alla natura dei singoli fabbricati ceduti), concludendo per la seconda ipotesi, in quanto i molteplici immobili facenti parte del complesso ceduto nel caso in esame, non potevano considerarsi unitariamente organizzati ed interdipendenti e funzionali all’esercizio o alla prosecuzione dell’attività d’impresa.
La società istante, proprietaria di un residence composto da diversi fabbricati a destinazione abitativa ed edifici adibiti a servizi, oltre a terreni, strade, aree verdi e campi sportivi, aveva provveduto ad edificare su richiesta di un’altra società il complesso immobiliare e lo aveva locato a quest’ultima sulla base di un contratto di locazione stipulato ancor prima che ne fosse completata la costruzione.
Il residence poi comprendeva un ulteriore fabbricato sempre concesso in locazione, ma a soggetti terzi, per la gestione di svariati servizi resi alle famiglie residenti, in piena autonomia gestionale.
L’istante, che rimaneva comunque obbligata alla manutenzione ed all’apporto di migliorie al complesso, intendeva ora cedere la proprietà dello stesso ad un’altra società che sarebbe subentrata anche nei contratti di locazione stipulati in precedenza.
L’Agenzia delle Entrate, incentra il suo ragionamento, sul fatto che oltre ai beni di cui sopra, non venivano trasferiti alla cessionaria (che tra l’altro non aveva dipendenti ed avrebbe gestito l’attività amministrativa rivolgendosi a soggetti esterni) né personale, né ulteriori mezzi o attrezzature e neanche licenze o rapporti commerciali, personali e finanziari; inoltre, basandosi sull’importanza principale rivestita dagli immobili rispetto agli altri beni nell’ambito della locazione, così come stabilito da recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (che in base a ciò differenzia la locazione d’immobili dal contratto d’affitto d’azienda), addiveniva alla conclusione tale per cui, nel caso in esame, non poteva trattarsi di cessione d’azienda intesa come un complesso organizzato per l’esercizio di un’attività d’impresa, ma di cessione di immobili.
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