La recente Sentenza della Corte di Cassazione n.11.890 depositata in data 12 aprile 2022, si è nuovamente occupata di un insieme di operazioni poste in essere da una Società, che prevedevano inizialmente una scissione parziale a favore di una beneficiaria di nuova costituzione e successivamente la cessione delle quote della beneficiaria ed il riacquisto di uno degli immobili facenti parte del patrimonio ad essa attribuito, seguita dalla cessione del diritto di costruire ad un soggetto terzo, finendo poi con la messa in liquidazione della beneficiaria stessa.
La Corte, seppur all’epoca dei fatti vigeva ancora la disciplina antielusiva, ormai abrogata, prevista dall’art.37-bis del DPR n.600/73, ha analizzato la vicenda portata alla sua attenzione sulla base dell’attuale normativa sull’abuso del diritto ai sensi dell’art.10-bis della L. n.212/2000, ribadendo quanto ormai stabilito da costante giurisprudenza, ovvero l’assenza di elusione per le operazioni straordinarie, tra cui le scissioni aventi ad oggetto patrimoni immobiliari, se sorrette da valide ragioni extrafiscali non marginali.
Nell’ordinamento tributario, infatti, non basta ad integrare una condotta elusiva la scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa rispetto ad un’altra, se ammessa dall’ordinamento stesso ed al contempo non viene dimostrato l’uso distorto o anomalo, rispetto alla logica d’impresa, del negozio giuridico posto in essere, con l’unico scopo di ottenere con esso un indebito risparmio fiscale.
L’Amministrazione Finanziaria riteneva nel caso in esame, che le operazioni fossero finalizzate proprio ad ottenere tale risparmio fiscale indebito, aggirando la normativa che regola la tassazione delle plusvalenze realizzate sugli immobili e sul diritto di edificare, rientranti, pertanto, nel reddito d’impresa, trasformandole in capital gain sulle partecipazioni.
La Società contribuente, invece, avrebbe dimostrato che l’obiettivo perseguito era quello di creare un autonomo ramo esclusivamente dedito alla gestione ed alla valorizzazione dei beni oggetto di trasferimento, anche in vista della futura costruzione di un centro commerciale, razionalizzando la propria struttura e le risorse finanziarie, migliorando l’efficienza del comparto immobiliare anche attraverso la possibilità di attuare sinergie con altre imprese del medesimo settore ed evitando, inoltre, che venisse esercitato, da parte dei conduttori degli immobili in questione, il diritto di prelazione.
La Cassazione, già in precedenza si era espressa riconoscendo la valenza delle ragioni extrafiscali, intese come esigenze di carattere amministrativo o organizzativo che possano portare a migliorare la struttura aziendale anche in assenza di un contestuale aumento della redditività d’impresa derivante dall’operazione.
Infine, la Corte, ribadendo che si configura l’elusione fiscale solo quando coesistono sia l’elemento soggettivo (inteso come l’apparenza dell’interesse che si vuole perseguire ponendo in essere le operazioni, costituito dalle valide ragioni economiche), sia quello oggettivo (l’insieme di atti, fatti o negozi giuridici, anche tra loro collegati) e quello teleologico (ovvero la volontà di ottenere un indebito risparmio d’imposta, aggirando i divieti e gli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico), sancisce per le operazioni straordinarie societarie, il principio di diritto per cui non vi è abuso del diritto quando le stesse (nel caso oggetto di esame, le scissioni) sono sorrette da valide ragioni extrafiscali non marginali, finalizzate a migliorare l’assetto organizzativo o gestionale della società.
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