La Sentenza della Corte di Cassazione n.18117 depositata in data 24 giugno 2021, si è occupata del caso dell’acquisto da parte di una srl di un ramo d’azienda, seguito dalla notifica al cessionario di una cartella di pagamento come responsabile in solido ex art.14 del D.Lgs. n. 472/97, in quanto lo stesso non aveva richiesto il certificato dei carichi pendenti per avere contezza dell’eventuale esistenza di debiti tributari già contestati al cedente al momento della cessione e non ancora soddisfatti.
Proprio l’articolo richiamato, afferma che il cessionario è responsabile in solido, fatta salva la preventiva escussione del cedente e nel limite del valore dell’azienda o del ramo d’azienda oggetto di trasferimento, per il pagamento delle imposte e delle sanzioni riferite a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione o nei due precedenti e per quelle contestate ed irrogate nel medesimo periodo temporale, anche se riferite a violazioni poste in essere in precedenza.
In virtù dell’esistenza di tale norma, il cessionario può essere liberato da tale responsabilità in seguito all’ottenimento del certificato dei carichi pendenti che non riporti alcuna contestazione in corso ovvero già definite, o nel caso in cui gli Uffici non lo rilascino decorsi 40 giorni dalla richiesta stessa (silenzio-assenso alla liberatoria).
Da ciò deriva che, qualora il cessionario non adotti tale comportamento diligente, diventa per ciò stesso solidalmente responsabile di tutti i debiti tributari del cedente relativi al periodo temporale sopra indicato.
Oltre a tale aspetto della responsabilità solidale del cessionario, la Corte si è occupata anche di valutare l’esistenza dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto ai sensi dell’art. 2112 del Cod. Civ., al fine di verificare se i debiti tributari in oggetto fossero ascrivibili all’intera azienda, o al singolo ramo ceduto.
Come riconosciuto anche dalla Corte di Giustizia dell’UE, per ramo d’azienda si deve intendere un’entità economica organizzata stabilmente e che conservi a seguito del trasferimento la propria identità, per lo svolgimento di un’attività finalizzata a perseguire un determinato obiettivo.
Affinché, quindi, si abbia la preesistenza dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda, occorre valutare tutte le entità che compongono l’operazione, considerandole in un’ottica complessiva e non singolarmente (beni materiali mobili ed immobili ed il loro valore, beni immateriali, eventuale cessione della clientela e passaggio dei dipendenti al nuovo proprietario, analogia dell’attività svolta prima e dopo la cessione), differenziandosi in ciò dalla cessione dei singoli elementi patrimoniali o del singolo contratto.
In base a ciò, pertanto, sarà onere del cessionario dimostrare la riconducibilità del debito tributario contestato ad altro ramo aziendale, non facente parte del compendio da lui acquistato.
Successivamente, la Corte di Cassazione ha emesso la Sentenza n.18948, pubblicata in data 5 luglio 2021, con la quale ha ribadito che requisiti essenziali nel caso di trasferimento di un ramo d’azienda sono l’autonomia funzionale dello stesso, nonché la sua preesistenza all’operazione posta in essere.
Riguardo il primo, viene confermato che per ritenere legittima la cessione di ramo d’azienda, la parte ceduta deve potersi considerare un’entità economica a sé stante e finalizzata alla produzione o scambio di beni o servizi, provvista di adeguata struttura e di una sufficiente autonomia organizzativa.
A seguito della cessione, il ramo d’azienda deve poter operare come in precedenza senza particolari interventi da parte del cessionario o del cedente.
Da ciò discende, pertanto, la necessità della preesistenza del ramo d’azienda rispetto alla cessione posta in essere, come da costante giurisprudenza della Corte (da ultimo Sent. n. 15129 del 31 maggio 2021).
Nel caso in esame la Cassazione, confermando il giudizio della Corte d’Appello, ha riconosciuto proprio l’assenza di autonomia funzionale della parte d’azienda trasferita, in quanto non era stato ceduto l’intero ramo effettivo, mancando tra gli altri anche il trasferimento della proprietà dei beni strumentali e dei programmi utilizzati dai dipendenti, solo concessi in uso alla società cessionaria.
Inoltre, si afferma anche che non è cambiata la normativa del trasferimento del ramo d’azienda a seguito delle modifiche all’art. 2112 del Cod.Civ. , operate dal D.Lgs. n.276/2003.
La norma di riferimento, infatti, stabilisce che la cessione d’azienda si configura sempre quando vi è un cambiamento nella titolarità di un’attività economica organizzata (con o senza scopo di lucro), già esistente e che mantiene la propria identità anche successivamente, indipendentemente dal tipo di negozio giuridico posto in essere; tale disciplina è applicabile anche al trasferimento solo di una parte dell’azienda stessa, ramo d’azienda, purché si tratti di un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività organizzata e che sia identificata come tale da entrambe le parti al momento del trasferimento.
E’ evidente, pertanto, che il ramo d’azienda deve necessariamente essere preesistente alla cessione, non potendosi trasferire qualcosa che non esiste ancora. Infine, la Corte ribadisce che, la preesistenza dell’autonomia funzionale va riscontrata tenendo conto di tutti gli elementi che compongono l’operazione posta in essere, sempre valutati in rapporto di interdipendenza tra gli stessi e non singolarmente considerati.
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