Una delle cause più frequenti che interessano i contenziosi in materia di Accertamento su Redditi Immobiliari, riguarda certamente gli accertamenti compiuti dall’Agenzia delle Entrate in relazione ai maggiori redditi derivanti da cessione o locazione di immobili, attribuiti ai contribuenti, rispetto a quelli dichiarati in atti.
Una recente Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (n.178/16/19), ha ritenuto, infatti, che era corretto l’accertamento su Redditi Immobiliari compiuto dall’Agenzia delle Entrate ex art.39, c.1, lett.d) del DPR n.600/1973 nei confronti di una società in relazione a degli immobili concessi in comodato gratuito a terzi, nonostante chiudesse in perdita in quegli esercizi, in assenza di ragionevoli motivazioni che potessero comunque giustificare il comportamento antieconomico dell’imprenditore.
Proprio sulla base di queste argomentazioni, veniva riconosciuto legittimo l’accertamento presuntivo dell’Ufficio, che aveva ripreso a tassazione i canoni di locazione figurativi per quegli immobili, determinati in base ai valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).
In sostanza, veniva ribadito il principio, che, qualora vi sia un comportamento riconosciuto come antieconomico da parte del contribuente, come nel caso in esame in cui gli immobili erano improduttivi di ricavi per l’impresa perché concessi in comodato gratuito a terzi, è posta a carico del contribuente stesso la dimostrazione dell’esistenza di ulteriori e valide ragioni a sostegno della condotta tenuta.
Tale Sentenza si inserisce sulla scia di numerose altre della Corte di Cassazione che avevano da un lato riconosciuto la libertà delle scelte gestionali dell’imprenditore, ma dall’altro anche la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di contestare attraverso l’accertamento induttivo la veridicità delle stesse, qualora non fosse comprovato da parte del contribuente che l’antieconomicità, dovuta ad esempio a canoni di locazione attivi o prezzi di cessione inferiori a quelli di acquisto, non fosse mirata ad occultare materia imponibile.
La stessa Cassazione ha altresì stabilito che l’operato del contribuente va valutato nel complesso e non è sufficiente una sola operazione antieconomica o il solo utilizzo dei valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare per legittimare l’accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione Finanziaria, richiedendo che le presunzioni alla base dello stesso siano sostenute da ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.
E proprio in relazione alla procedura da seguire da parte dell’Ufficio, la Sentenza della Corte di Cassazione del 20 marzo 2019 n. 7820, ribadisce che l’eventuale accertamento del maggior reddito derivante da cessioni immobiliari, debba fondarsi non soltanto sul mero scostamento tra il corrispettivo di vendita dichiarato nell’atto ed il valore normale del bene desunto dalle quotazioni dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare, ma anche su una serie di indizi ulteriori e sull’analisi della situazione complessiva, attraverso i quali la presunzione semplice acquisisca i requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Il caso in esame originava da un accertamento analitico induttivo con il quale l’Ufficio aveva rettificato i ricavi derivanti dalla vendita di un immobile; il ricorso in primo grado da parte del contribuente veniva parzialmente accolto e successivamente la Commissione Tributaria Regionale, riteneva illegittimo l’accertamento in quanto i ricavi dichiarati erano congrui e coerenti in base agli studi di settore, i prezzi degli immobili pubblicizzati servivano per instaurare le trattative con i possibili acquirenti ed infine in base al fatto che la Legge comunitaria del 2008 aveva eliminato dall’art.39,c.1,lett.d) del DPR n.600/1973 per le imposte dirette e dall’art.54,c.3, del DPR n.633/1972 per l’IVA il riferimento al “valore normale” quale strumento per l’accertamento su Redditi Immobiliari automatico del valore di cessione degli immobili.
La Cassazione, invece, con la sentenza in commento, riconosceva la legittimità dell’accertamento emesso dall’Ufficio, in quanto non basato solo sulle quotazioni OMI, ma anche su altri elementi, quali gli annunci pubblicitari e documenti extracontabili da cui si evinceva una valutazione degli immobili superiore a quella riportata in atti, così come da una lettera di disdetta nei confronti di un intermediario e dalla differenza tra il prezzo di cessione e l’importo superiore del mutuo richiesto.
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