Contenzioso in materia di residenza estera

News | pubblicato il 8-07-2021
a cura di Studio Gargani

Due recenti Sentenze della Corte di Cassazione hanno riguardato la disciplina del contenzioso in materia di residenza estera, ai fini della tassazione dei redditi.

La Sentenza n.7621 depositata in data 18 marzo 2021 si è occupata di un caso in cui l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto sussistente la residenza fiscale italiana e conseguentemente emesso un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente cittadino italiano, ma residente a Londra ed iscritto all’AIRE dal 1994 e che aveva nel 2011 ottenuto anche la cittadinanza inglese.

Il giudizio, in merito al contenzioso in materia di residenza estera, era già stato deciso dalla Sentenza della Cassazione n.11938/2016 che aveva accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria rinviando al giudice di merito, il quale aveva riconosciuto la residenza fiscale italiana del contribuente; quest’ultimo si opponeva a tale decisione ricorrendo in Cassazione, che con la sentenza in esame ha accolto 3 dei 12 motivi di impugnazione, rinviando nuovamente al giudice di merito la causa.

Come da costante giurisprudenza della medesima Corte (da ultimo Sent. n. 21694/2020), sono assoggettati alla tassazione italiana tutti i contribuenti, che seppur residenti formalmente all’estero, hanno per la maggior parte del periodo d’imposta il domicilio in Italia, ovvero la sede principale degli affari e degli interessi economici e delle proprie relazioni personali, anche sulla base di presunzioni ed indipendentemente dall’iscrizione all’AIRE.

Pertanto, anche se nel caso di specie non era stata comprovata la presenza del contribuente per almeno 183 giorni in Italia (da cui discenderebbe la presunzione legale di residenza dello stesso), si sarebbero dovuti valutare altri elementi indiziari per poter ritenere fittizia o meno la residenza inglese, purché gravi, precisi e concordanti.

La Cassazione ha, quindi, ritenuto che il giudice del rinvio non avesse tenuto in debito conto le prove e la documentazione fornita dal contribuente, in special modo le diverse comunicazioni tra lo stesso e le autorità inglesi che riconoscevano l’errore nella corretta individuazione del suo indirizzo anagrafico; già tale fatto avrebbe anche potuto giustificare la mancata ricezione della corrispondenza inviata da parte dell’Agenzia delle Entrate, che, invece, aveva assunto l’inesistenza del destinatario all’indirizzo errato come prova della fittizietà della sua residenza inglese.

Ancor di più, il fatto che il ricorrente avesse ottenuto dal 2011 la cittadinanza inglese, avrebbe dovuto essere vagliato dal giudice di merito come un elemento rilevante a sostegno della reale residenza e dei legami intrattenuti dallo stesso nel Regno Unito e quindi del suo effettivo centro degli interessi vitali, soprattutto nei periodi immediatamente precedenti l’ottenimento della stessa.

La successiva Sentenza in materia di, contenzioso in materia di residenza estera, n.11620 depositata in data 4 maggio 2021 ha riguardato il caso di un altro contribuente sempre iscritto all’AIRE e trasferitosi in Spagna, per il quale l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto le imposte in Italia, non avendo riconosciuto lo stesso come fiscalmente residente all’estero.

Nonostante il contribuente fosse risultato vittorioso nei primi due gradi di giudizio, l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso in Cassazione che lo accoglieva rinviandolo alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione, sulla base del fatto che, ai fini della residenza fiscale, non era sufficiente aver fissato la propria dimora in Spagna, ma secondo quanto previsto dal TUIR era necessario individuare dove effettivamente la persona avesse il proprio domicilio, inteso come il luogo in cui per la maggior parte del periodo d’imposta gestisse i propri affari economici ed interessi personali e come tale fosse riconoscibile anche dai terzi.

Proprio l’art. 2 del TUIR stabilisce tre criteri alternativi per individuare la residenza di una persona, ovvero l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente o il domicilio o la residenza secondo le norme del Codice Civile per la maggior parte del periodo d’imposta, con la conseguenza che anche il riscontro di uno solo di essi è sufficiente a considerare la persona residente fiscalmente in Italia.

Al contrario, la sola cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente o anche la fissazione della residenza anagrafica all’estero, non basta ad escludere la residenza fiscale italiana, qualora si rilevi che il soggetto abbia mantenuto il proprio domicilio (centro degli interessi vitali o sede degli affari economici o degli interessi personali) in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta.

E secondo la recente giurisprudenza della Corte in materia di contenzioso in materia di residenza estera, il domicilio così individuato, da cui discende la residenza fiscale, deve essere riconoscibile anche dai terzi, principalmente in relazione agli interessi economico-patrimoniali della persona (ad esempio derivanti dall’esistenza di eventuali conti correnti, o dall’effettuazione di operazioni di compravendita o dal ricoprire cariche in società in Italia), rispetto agli interessi personali e famigliari della stessa.

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