Contenzioso in materia di reato tributario di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

News | pubblicato il 19-04-2021
a cura di Studio Gargani

Recentemente la Cassazione si è occupata di due casi riguardanti il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, previsto dall’art.11 del D.Lgs. n.74/2000.

Con la Sentenza n.30615 depositata in Segreteria in data 3 novembre 2020, dapprima la Corte ha ripercorso le varie fasi dell’obbligazione tributaria, dall’obbligo di dichiarare i fatti costitutivi e l’oggetto della stessa, all’obbligo del corretto adempimento nei tempi e modi previsti dall’ordinamento, dalla necessità di documentare le varie operazioni rilevanti fiscalmente, al dovere di conservare tale documentazione, fino ad arrivare all’ultima fase, ovvero quella di preservare il diritto alla riscossione del credito erariale da operazioni poste in essere in modo fraudolento al fine di diminuire la garanzia rappresentata dal patrimonio del soggetto debitore, esplicitamente prevista dal sopra richiamato articolo del D.Lgs.n.74/2000.

Nell’attuale contesto normativo, a differenza di quanto già previsto per tale tipologia di reato dal DPR n.602/1973, non è più richiesto che venga avviato un qualunque accertamento fiscale. Da ciò, discende che non è necessario che l’azione posta in essere abbia effettivamente pregiudicato l’esecuzione erariale, essendo sufficiente che l’abbia comunque danneggiata rendendola inefficace.

E’ stata, inoltre, inserita nella nuova norma la fattispecie della cosiddetta ”alienazione simulata”, in alternativa al compimento effettivo di operazioni fraudolente sui beni propri o altrui.

Per identificare tale fattispecie, la Cassazione ha stabilito che basta far riferimento alle ordinarie definizioni civilistiche; tali atti realizzano, pertanto, una situazione giuridica solo apparente e diversa da quella reale, anche attraverso operazioni a titolo gratuito (come la donazione) e può essere graduata in simulazione assoluta o relativa, a seconda che il negozio giuridico posto in essere non rispetti in tutto o solo in parte l’effettiva volontà delle parti.

Sempre per la Corte, in caso di trasferimento effettivamente avvenuto, non si può però rientrare nell’ambito simulazione, ma tra gli atti fraudolenti compiuti al fine di danneggiare l’esecuzione da parte dell’Erario.

La fraudolenza dell’atto deve essere considerata in quanto oggettiva e precedente al dolo specifico dell’operazione, con ciò a voler dire che non si deve considerare la stessa solo in rapporto alla finalità di chi la compie; ed infine, viene ribadito che la norma mira a preservare la riscossione del credito erariale proprio da quegli atti eventualmente compiuti a danno della garanzia rappresentata dal patrimonio del debitore, oggettivamente indirizzati ad ingannare i terzi sulla sua reale entità.

Con la successiva Sentenza n.4425 depositata in data 4 febbraio 2021, la Cassazione ha annullato la condanna per il reato ex art.11 D.Lgs. n. 74/2000 ai danni di un contribuente che aveva ceduto due immobili (pregiudicando in tal modo la garanzia erariale e la procedura di riscossione), sulla base del mancata prova dell’effettiva fraudolenza delle operazioni di cessione, in quanto affinché si configuri il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, non basta l’astratta idoneità degli atti di pregiudicare tale garanzia.

Come già statuito da costante giurisprudenza, la norma in esame, trattandosi di reato di pericolo concreto, è finalizzata ad evitare che un soggetto possa sottrarsi all’obbligo di concorrere alle spese pubbliche alienando simulatamente (pertanto, solo apparentemente, rimanendo in realtà in possesso dei relativi beni) o compiendo altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui (ovvero atti di sparizione, diversi dall’alienazione, od occultamento dei propri beni), pregiudicando in tal modo la pretesa erariale.

La Cassazione ha ricordato che la natura fraudolenta degli atti posti in essere dal contribuente, si può ravvisare anche in comportamenti formalmente legittimi e leciti, in cui effettivamente vi sia stato un trasferimento di beni, quando però ciò sia avvenuto con artifici o altri elementi di inganno, tesi a limitare le garanzie all’esecuzione erariale. Manonostante ciò, la Corte ha provveduto all’annullamento della condanna, motivandola decisione con il fatto che la natura fraudolenta non può ritenersi implicita o discendere automaticamente da un atto di vendita; e nel caso oggetto di esame, non erano stati riscontrati gli ulteriori indicatori che avrebbero potuto idoneamente comprovarla, quali l’eventuale congruità o meno del prezzo di vendita o le modalità di pagamento previste, o la compiacenza delle parti contrattuali.

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