Contenzioso ed interpello su Operazioni Straordinarie e finanziamenti tra società controllanti e controllate

News | pubblicato il 25-02-2025
a cura di Studio Gargani

Con la risposta all’interpello n.217 del 5 novembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che per una serie di operazioni straordinarie (revoca della liquidazione della controllante/acquisto di azioni proprie da parte della controllata con cedente la controllante stessa/scissione parziale non proporzionale asimmetrica della controllante a favore di una beneficiaria di nuova costituzione), non sia configurabile l’abuso del diritto ai sensi dell’art.10-bis della L. n. 212/2000, non riscontrando in esse il conseguimento di alcun vantaggio fiscale indebito da parte delle società partecipanti alle varie operazioni poste in essere, finalizzate alla riorganizzazione societaria per la continuazione dell’attività della controllante ed alla separazione dei gruppi familiari che ne detenevano le partecipazioni.

In seguito alla revoca della liquidazione della società controllante, la società controllata acquistava dalla stessa azioni proprie, ricorrendo ad un finanziamento bancario per pagarne il prezzo e consentire alla prima di ottenere le disponibilità finanziarie, necessarie sia a porre in essere un investimento immobiliare, sia a mantenere invariati i valori economici ottenuti dai soci a seguito della successiva scissione asimmetrica, evitando in tal modo che si concretizzasse come “sperequata”.

Tale acquisto di azioni proprie, essendo un’operazione a carattere realizzativo, beneficia comunque del regime PEX ex art.87 del TUIR che prevede, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma, l’esenzione per il 95% della plusvalenza realizzata, in modo sostanzialmente equivalente al caso in cui la controllata avesse distribuito un dividendo alla controllante, con tassazione del 5% ai sensi dell’art.89 del TUIR.

Infine, la scissione della controllante avverrebbe in regime di neutralità fiscale ex art.173 del TUIR, in quanto vi sarebbe continuità dei valori fiscalmente riconosciuti sia in capo alla beneficiaria neo costituita, sia in capo ai soci le cui partecipazioni erediterebbero il valore fiscale di quelle possedute ante scissione. Condizione necessaria affinché non sia considerata elusiva la scissione, come nella fattispecie esaminata dall’Ufficio, è che la riorganizzazione derivante dall’operazione, abbia lo scopo di permettere l’effettiva continuazione dell’attività aziendale, da parte di tutte le società partecipanti e non di assegnare il patrimonio aziendale ai soci o a società di mero godimento degli stessi, occultando, di fatto, lo scioglimento del vincolo societario.

La Sentenza della Corte di Cassazione n.3223 depositata il 10 febbraio 2025 si è occupata del caso ricorrente di finanziamenti infruttiferi concessi da una società italiana controllante ad una società estera dalla stessa controllata, stabilendo che anche ad essi vada applicata la normativa in materia di “transfer pricing” ex art.110, c.7, del TUIR. Nel caso in esame, l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione un maggior reddito attribuito alla controllante dovuto alla mancata percezione degli interessi attivi “teorici” sulla base del valore normale, ovvero di quelli che sarebbero stati applicati ai finanziamenti erogati tra soggetti indipendenti e non facenti parte di un gruppo.

La società italiana vedeva accolto il proprio ricorso contro l’accertamento sia in primo che in secondo grado, ma l’Ufficio contestava in Cassazione il fatto che il giudice di secondo grado avesse erroneamente posto a suo carico l’onere probatorio in materia di transfer pricing internazionale. In sostanza, eccepiva che essendo i finanziamenti per presunzione da considerarsi onerosi e data l’infruttuosità degli stessi nella fattispecie in oggetto, già solo per questo l’operazione sarebbe in contrasto con la disciplina del valore normale.

La Sentenza, richiamando anche precedenti della stessa Corte, ha disposto che anche i finanziamenti infruttiferi tra imprese facenti parte di un gruppo, soggiacciono al principio del valore normale in materia di transfer pricing, in quanto lo stesso è applicabile, proprio al fine di evitare un indebito trasferimento di ricchezza imponibile verso un altro Stato, non solo nel caso in cui il corrispettivo pattuito sia più basso rispetto a quello comunemente applicato ad operazioni dello stesso tipo, ma anche quando tale corrispettivo sia del tutto assente.

E’ anche da evidenziare, però, che in altre occasioni, la Cassazione aveva negato di estendere tale principio ai finanziamenti infruttiferi, se non al ricorrere della duplice condizione che dall’operazione infragruppo derivino componenti di reddito positivi o negativi e che applicandolo vi sia un aumento del reddito imponibile. Infine, la Sentenza ha stabilito che l’onere di comprovare che il finanziamento infragruppo sia avvenuto ad un tasso inferiore a quello normale, al fine di riprendere a tassazione gli interessi attivi, spetta all’Amministrazione Finanziaria, sempre riconoscendo alla società contribuente la possibilità di poter fornire la prova contraria che lo stesso è stato concesso ad un tasso non inferiore a quello di mercato, o anche, nel caso di finanziamento infruttifero, di dimostrare che la gratuità sia dipesa da altre ragioni economiche interne al gruppo stesso.

Alcune immagini usate in questo articolo sono state prese da https://www.capcut.com

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