Due recenti Sentenze della Corte di Cassazione hanno riguardato gli accertamenti basati su contenzioso in materia di indagini finanziarie e risultano di notevole importanza sotto l’aspetto dell’utilizzabilità ai fini delle stesse, delle cosiddette “prassi commerciali” e delle presunzioni legali.
Con la Sentenza n. 23546/2019, la Corte si è occupata del ricorso di una Società avverso l’accertamento scaturito da indagini finanziarie a suo carico, con il quale l’Agenzia delle Entrate contestava alla stessa maggiori ricavi sulla base della “prassi commerciale” consolidata, secondo cui la ripartizione dei ricavi tra la società e gli esercenti con cui aveva rapporti contrattuali fosse del 50{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} e non del 35{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} come dichiarato dalla ricorrente.
Ebbene, la Corte di Cassazione, prima di esprimersi su tale questione, confermava l’operato della Commissione Tributaria Regionale relativamente al motivo di ricorso riguardante l’eventuale mancanza di autorizzazione alle indagini finanziarie sulle movimentazioni bancarie, in quanto è comunque legittimo l’accertamento basato sulle stesse anche in caso di mancata esibizione al contribuente dell’autorizzazione ed anche in assenza di motivazione, mentre risulterebbe illegittimo nell’ipotesi di assenza assoluta dell’autorizzazione e solo se il ricorrente dimostrasse il concreto pregiudizio subito, come già affermato in precedenza (si veda da ultimo la Sent. n.9480/2018), ma non comprovato nel caso in esame.
La Corte, però ha accolto l’altro motivo di ricorso, ovvero la violazione di legge ex artt.39 DPR n.600/73, 54 DPR n.633/72 e 2729 cod.civ., relativo alla contestazione del fatto che i maggiori ricavi fossero stati attribuiti alla ricorrente solo in base ad una consolidata pratica commerciale o prassi, che però, non possiede le caratteristiche necessarie per essere considerata dal giudice “fatto notorio”, ovvero fatto incontestabile che rientra nella comune esperienza della collettività. Solo in presenza di un fatto notorio, che abbia i requisiti della indubitabilità e della certezza, infatti, può operare la deroga al principio dispositivo delle prove, ovvero la parte che lo richiama è esonerata dall’onere probatorio, escludendosi tutte le altre situazioni, ancorché probabili o rientranti nella conoscenza del singolo giudice.
Tale principio, sia per costante giurisprudenza che per consuetudine dell’Amministrazione finanziaria, vale ancor di più in caso di accertamenti standardizzati basati su studi di settore o parametri, in cui le presunzioni semplici devono essere comunque connotate dal carattere della gravità, precisione e concordanza, acquisito solo a seguito del contraddittorio con il contribuente, in cui quest’ultimo può con ogni mezzo di prova dimostrare l’esclusione dell’applicabilità delle stesse alla propria fattispecie specifica. Così come, con la Sent. Cassazione n. 14063/2014, la “prassi familiare” delle liberalità tra genitori e figli, non era stata riconosciuta come fatto notorio, ma richiedeva la prova da parte del contribuente per evitare l’applicazione dello strumento del redditometro.
L’altra importante Sentenza della Cassazione è la n.23859/2019 depositata il 25 settembre 2019, con la quale si è occupata delle presunzioni legali derivanti dalle indagini sul contenzioso in materia di indagini finanziarie. In primo luogo la Corte ha distinto le movimentazioni bancarie sui conti correnti riconducibili direttamente al ricorrente (o nel caso specifico ad un suo familiare), rispetto a quelle di una società di capitali nella quale lo stesso è socio, entrambe attribuite al ricorrente da parte dell’Ufficio, senza che lo stesso fosse riuscito a dimostrare attraverso la prova contraria ex artt.32 DPR n.600/73 e 51 DPR n. 633/72 che non erano a lui riferibili.
Per la Cassazione, basandosi su costante giurisprudenza, le indagini finanziarie sui conti correnti anche dei congiunti, possono legittimamente essere utilizzate per l’accertamento nei confronti del contribuente, salvo un’adeguata e non generica prova contraria dallo stesso fornita sulla provenienza delle somme accreditate e sulla destinazione delle somme prelevate, sia relativamente all’ambito soggettivo che a quello oggettivo e giustificativo delle entrate e delle uscite. Diversamente, le somme transitate su un conto corrente intestato alla società di cui il ricorrente è socio, non potranno essere a lui imputate, in quanto è possibile solo il meccanismo presuntivo inverso, ovvero attribuire le movimentazioni sui conti correnti di un socio o dell’amministratore alla società.
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