La Corte di Cassazione con la Sentenza n.37326 depositata in data 06 settembre 2019 ha stabilito che un’operazione di scissione societaria, può essere considerata fraudolenta, sia in riferimento a reati fallimentari che tributari, considerando tutto l’insieme delle operazioni collegate poste in essere all’interno di un piano strategico finalizzato a vanificare le legittime pretese tributarie del fisco.
Il caso in esame prevedeva un’operazione di scissione a seguito della quale nella società scissa si nominava un prestanome che provvedeva a mettere in liquidazione e successivamente a cancellare dal registro imprese la società stessa. Attraverso tali operazioni successive alla scissione, veniva a concretizzarsi, quindi, un ostacolo per la soddisfazione dei crediti tributari vantati dall’erario nei confronti della scissa ed anche per le pretese creditorie non tributarie, solo parzialmente attenuato dal principio della responsabilità solidale ed illimitata della scissa e della beneficiaria, in quanto tale responsabilità è comunque temporanea.
Ed in effetti, al fine di evitare che vengano compromesse le legittime pretese del fisco, come stabilito dall’art.14, c.1 del D.Lgs. n.472/1997 nel caso della cessione dell’azienda, il cessionario risponde in solido ed in via sussidiaria per il pagamento delle imposte e delle sanzioni solo relativamente alle violazioni commesse nell’anno della cessione e nei due precedenti e per quelle già irrogate o contestate nello stesso arco temporale, ancorché riferite ad anni pregressi.
Inoltre per i debiti non tributari nella scissione, la solidarietà è limitata anche dal valore del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria ed in via generale al valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto ai sensi degli artt.2506-bis e 2506-quater del c.c.
Nel caso in esame era stato, pertanto, contestato il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art.11 del D.Lgs. n.74/2000 considerando anche la scissione, di per sé strumento lecito e neutrale dal punto di vista fiscale, come fraudolenta in conseguenza dal complesso delle operazioni poste in essere (ovvero, cessione del capitale sociale ad un prezzo non congruo, nomina del prestanome come legale rappresentante della scissa e successiva liquidazione e cessazione della stessa, ormai senza più beni o attività su cui poter agire per soddisfare i notevoli debiti tributari), tese a creare una situazione solo apparente ed a sottrarre i beni alle legittime pretese creditorie.
Sempre in tema di scissione, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato in data 23 agosto 2019 la risposta all’interpello n.343, riguardante il caso di una scissione totale non proporzionale attraverso la costituzione di quattro nuove società beneficiarie, ognuna delle quali partecipate da un solo socio della scissa.
L’Agenzia delle Entrate ha analizzato l’operazione sia dal punto di vista della neutralità fiscale per i soci ex art.173 del Tuir, dato che una parte delle azioni emesse dalle beneficiarie sarebbero gravate da usufrutto e sia sotto l’aspetto dell’eventuale abuso del diritto ex art.10-bis L. n.212/2000, relativamente alle imposte dirette ed all’imposta sulle successioni,in quanto con atti ulteriori e susseguenti si realizzerebbe il cosiddetto passaggio generazionale delle azioni della scissa.
Riguardo al primo aspetto, l’Agenzia delle Entrate ritiene la scissione fiscalmente neutrale per i soci perché attraverso il concambio delle partecipazioni scissa/beneficiaria non si modifica la composizione dei diritti di usufrutto e nuda proprietà sulle partecipazioni attribuite ai soci della beneficiaria; pertanto, i soci che avevano la nuda proprietà della partecipazione nella scissa riceveranno la nuda proprietà della partecipazione nella rispettiva beneficiaria ed altrettanto avverrebbe per i soci titolari dei diritti di usufrutto, ricreando così nel capitale di ogni beneficiaria la stessa situazione esistente nella scissa sia per quanto riguarda la tipologia di azioni e sia per la suddivisione tra usufrutto e nuda proprietà delle stesse ed il valore fiscale della partecipazione detenuta in precedenza nella scissa si trasferirebbe nella partecipazione nella beneficiaria.
Per quanto riguarda il secondo profilo analizzato nella risposta all’interpello, l’Agenzia non ritiene esserci abuso del diritto dato che con la scissione si procederebbe ad un’autonoma diversificazione degli investimenti tra i soci, attraverso le nuove società destinate a svolgere attività imprenditoriali reali (mentre, se così non fosse, si configurerebbe invece l’abuso dato che l’operazione sarebbe tesa solo a conservare gli immobili per l’uso personale dei soci delle singole beneficiarie) ed a garantire il passaggio generazionale delle attività con l’inserimento di una clausola negli statuti in caso di decesso del socio di riferimento.
E tale trasferimento mortis causa sarebbe esente ai fini dell’imposta sulle successioni solo se si trattasse di partecipazione di controllo ex art.2359, c.1,n.1, c.c. e se i beneficiari proseguissero l’attività per almeno 5 anni dalla data del trasferimento stesso.
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