Contenzioso in materia di Sanzioni Tributarie

News | pubblicato il 26-08-2019
a cura di Studio Gargani

Con la Sentenza n.2870/2019 depositata il 31 gennaio 2019 la Corte di Cassazione ha stabilito il principio di diritto, per cui in caso di violazione di norme tributarie, affinché si applichi la riduzione ad 1/3 delle sanzioni irrogate, in base al D.Lgs. n.462/1997, presupposto essenziale è il pagamento di quanto dovuto a seguito dei controlli automatici ex art.36 bis del DPR n.600/1973 in materia di imposte dirette o ex art.54 bis del DPR n.633/1972 in materia di IVA, entro 30 giorni dalla comunicazione dell’esito della liquidazione o dalla notifica della cartella.

In caso di omissione della notifica dell’avviso bonario, sempre che tale omissione configuri una semplice irregolarità per insussistenza di incertezze rilevanti su aspetti importanti della dichiarazione e non una causa di nullità della cartella stessa.

In base a ciò e considerando che la comunicazione dell’esito della liquidazione al contribuente ha lo scopo di consentire la correzione di errori formali o di evitare la ripetizione di errori, la Cassazione ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale non poteva disporre la riduzione delle sanzioni nel caso in esame in cui vi era stato l’omesso pagamento di quanto dovuto entro i 30 giorni dalla notifica della cartella, sulla base della mancata notifica dell’avviso bonario, in quanto tale omissione poteva considerarsi solo come una semplice irregolarità (e non causa di nullità), dato che non determinava incertezze su questioni rilevanti della dichiarazione.

E ciò anche se nella cartella non veniva menzionata la possibilità della riduzione ad 1/3 delle sanzioni dovute ex art. 2, c.2, D.Lgs. n.462/1997. Sempre la Cassazione con la Sentenza n.4927/2019 depositata il 20 febbraio 2019, ha stabilito che il cessionario in caso di acquisti “in nero” è sanzionabile oltre il minimo previsto, quando attraverso la documentazione raccolta in sede di accesso, si ricavi l’esistenza di una contabilità parallela rispetto a quella ufficiale, attraverso la quale la violazione commessa possa acquisire anche una rilevanza penale.

Il caso di specie riguardava tre avvisi di accertamento in materia di IVA e relativa commisurazione delle sanzioni, impugnati dal contribuente che invocava la riduzione delle sanzioni al minimo edittale in base al fatto che la norma non prevedeva gli eventuali risvolti penali come cause giustificative dell’innalzamento delle stesse.

Ebbene, la Cassazione valutando l’art.41 del DPR n.633/1972 in relazione alla sanzione per l’omessa IVA sugli acquisti e l’art.7 del D.Lgs. n. 472/1997 in merito alla commisurazione della stessa (anche se quest’ultima norma non prevede espressamente le vicende penali tra i presupposti delle sanzioni più elevate rispetto al minimo), stabilisce che per la scelta tra il minimo ed il massimo si deve far riferimento analizzando complessivamente diversi parametri, come ad esempio la gravità della violazione, l’opera prestata successivamente dall’agente per eliminarne o limitarne le conseguenze, la personalità dell’agente, le condizioni economico-sociali dell’agente.

E la gravità della violazione può essere desunta anche dalla condotta dell’agente; pertanto, i risvolti penali di una violazione di una norma tributaria, giustificano per la Corte l’innalzamento della sanzione oltre il minimo edittale. Altra importante Sentenza in materia di sanzioni proviene dalla Corte di Giustizia UE (causa C-712/17 depositata in data 8 maggio 2019), la quale afferma che, qualora la violazione in materia di IVA non intacchi gli interessi erariali, non può essere prevista una norma sanzionatoria come quella italiana vigente ratione temporis (sanzione pari alla detrazione ovvero 100{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} dell’imposta detratta), in quanto contraria al diritto comunitario ed ai principi di proporzionalità e neutralità dell’IVA.

Il caso in esame riguardava l’inesistenza oggettiva delle operazioni dichiarate al solo fine di aumentare il volume d’affari per ottenere finanziamenti bancari, con la detrazione dell’IVA sugli acquisti inesistenti ed il relativo versamento della stessa all’Erario. Per la CGUE è corretta la sanzione prevista dell’indetraibilità dell’IVA sulle operazioni oggettivamente inesistenti, ma proprio perché non vengono lesi gli interessi erariali, non può essere negata la possibilità di rettificare l’IVA addebitata in fattura attraverso la domanda di rimborso di quanto versato o eventualmente con l’emissione di una nota di variazione.

E ciò è da ritenersi valido anche ora che a seguito del D.Lgs. n.158/2015 la sanzione è stata abbassata dal 100{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} al 90{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} dell’imposta detratta.

Va però ricordato che spesso, per via del cumulo giuridico, tale sanzione è assorbita da quella più grave per infedele dichiarazione, con un minimo pari al 135{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} dell’imposta dovuta (e non di quella detratta), che potrebbe essere ritenuta coerente con i principi comunitari; inoltre il D.Lgs. n.472/1997 prevede la possibilità per il giudice di ridurre fino alla metà del minimo la sanzione, in caso di manifesta sproporzione tra la stessa e l’ammontare del tributo.

La Sentenza n.18388/2019 della Corte di Cassazione depositata il 9 luglio 2019 stabilisce che il giudice non può disapplicare le sanzioni ex art.8 del D.Lgs. n. 546/1992 per ragioni di oggettiva incertezza delle norme tributarie, se la domanda non è stata sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo del giudizio, ma solo nel ricorso per riassunzione a seguito del giudizio di cassazione.

Proprio tale mancata richiesta è stata la ragione per la quale la Cassazione ha dato ragione all’Ufficio decidendo nel merito la causa in oggetto e dichiarando inammissibile la domanda formulata dal contribuente. Il giudizio di rinvio alla CTR a seguito dell’annullamento della sentenza di appello, data la cristallizzazione delle posizioni delle parti fissata nelle fasi processuali precedenti al giudizio di cassazione, impedisce alla CTR stessa di decidere per la disapplicazione delle sanzioni per la violazione di norme tributarie dovuta all’oggettiva incertezza sull’ambito e la portata delle stesse, in quanto tale domanda non era presente nel ricorso introduttivo del giudizio.

E tale preclusione può essere rilevata anche d’ufficio nel giudizio di legittimità ed anche se l’appellato abbia accettato il contraddittorio su tale richiesta. Pertanto, la disapplicazione delle sanzioni non si può considerare un potere-dovere delle Commissioni tributarie esercitabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in assenza di istanza di parte nei modi e nei termini previsti.

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