La Sentenza della Corte di Cassazione n.4444 depositata in data 11 febbraio 2022, si è occupata del regime di tassazione della plusvalenza realizzata in caso di cessione d’azienda da parte del coniuge (a cui era pervenuta per successione a seguito del decesso dell’altro coniuge), in particolare in relazione alla possibilità di applicare la tassazione separata anche sul valore dell’avviamento ricompreso in essa.
L’art. 17 del TUIR che disciplina i redditi soggetti a tassazione separata è da considerarsi norma agevolativa, ovvero finalizzata a ridurre la tassazione sui redditi che maturano in più anni, come le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso dell’azienda.
Per l’Agenzia delle Entrate nel caso di specie, ciò non era possibile dato che dal momento dell’avvenuta successione erano trascorsi meno dei cinque anni richiesti per poter usufruire del regime di tassazione separata.
La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, ribadisce, invece, che il possesso dell’azienda deve essere inteso secondo il disposto dell’art. 1146 Cod.Civ., che prevede espressamente che lo stesso continui nell’erede dalla data di apertura della successione, senza soluzione di continuità; non verificandosi, pertanto, alcun effetto interruttivo ai fini del computo del quinquennio e di conseguenza potendosi applicare il regime di tassazione separata alla plusvalenza realizzata dall’erede al momento dell’alienazione.
Ciò, peraltro, è confermato anche dal fatto che il trasferimento mortis causa dell’azienda, in base all’art.58 del TUIR, non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa, in quanto l’azienda sarà assunta agli stessi valori fiscalmente riconosciuti nei confronti del dante causa; da tale continuità dei valori deve discendere di conseguenza, oltre alla neutralità fiscale del trasferimento, anche la cumulabilità dei periodi di possesso tra dante causa ed erede, al fine della possibilità di applicare la tassazione separata in seguito alla cessione dell’azienda da parte di quest’ultimo, se rispettato il periodo quinquennale di possesso complessivo.
Peraltro, la Cassazione ricorda che la stessa Amministrazione Finanziaria aveva già ammesso nella risoluzione n.42/2002 che, in caso di cessione o conferimento di un’azienda ottenuta dal cedente in neutralità fiscale, bisognava tener conto anche del periodo di possesso già maturato dal dante causa; ed anche nella successiva circolare n.28/2006 aveva stabilito che, per verificare il periodo quinquennale del possesso di un fabbricato da parte di una persona fisica non imprenditore al fine di esentare l’eventuale plusvalenza derivante dalla sua cessione nel caso lo stesso fosse pervenuto al cedente per donazione, si sarebbe dovuto far riferimento al momento dell’acquisto dell’immobile da parte del donante e non a quello della donazione; ed infine, nella risoluzione n.20/2014, anche relativamente alla risoluzione di un atto di donazione per mutuo consenso, i cinque anni avrebbero dovuto essere conteggiati dalla data di acquisto da parte del donante.
Pertanto, da tali documenti di prassi, si evince che la medesima soluzione ai fini del calcolo del quinquennio, vada accolta anche nel caso di cessione dell’azienda ricevuta per successione mortis causa.
Con l’ordinanza depositata in data 14 febbraio 2022, n.4732, la Cassazione ha poi ribadito che in caso di una cessione d’azienda, ai fini dell’imposta di registro, il valore dell’avviamento può essere calcolato con il metodo forfettario stabilito sulla base della percentuale di redditività per l’accertamento per adesione, ai sensi dell’art. 2,c.4, del DPR n.460/1996, ancorché tale norma sia stata ormai abrogata.
Ciò in quanto il legislatore non ha previsto un metodo alternativo per addivenire a tale valore e ferma restando, comunque, la possibilità per il contribuente di dichiarare un minor valore dello stesso rispetto all’importo così determinato, dimostrando, però che tale metodologia di calcolo sia incoerente rispetto al caso specifico.
L’avviamento va inteso come il maggior valore che l’azienda possiede rispetto alla somma algebrica di valori dei singoli beni che la compongono e per determinare la base imponibile si deve far riferimento al valore in comune commercio del bene (in questo caso del complesso di beni rappresentato dall’azienda ceduta), ovvero il prezzo probabile in condizioni normali di mercato, indipendentemente da situazioni soggettive o contingenti.
Esso, quindi, va considerato come una qualità dell’azienda, che non può escludersi neanche in presenza di perdite subite dall’impresa negli esercizi precedenti la cessione, come affermato da precedente giurisprudenza della stessa Corte.
In sostanza, l’avviamento rappresenta un elemento che si somma a quello degli altri beni materiali ed immateriali che compongono l’azienda, determinandone il valore complessivo prima dello scomputo dallo stesso degli elementi passivi.
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