La sentenza della Corte di Cassazione n. 701/2019, depositata il 15/01/2019, sancisce la nullità dell’atto impositivo (nel caso di accertamento ai fini IVA) qualora non venga rispettato il termine dei 60 giorni previsto dalla Legge n.212/2000 (Statuto del Contribuente).
Tale articolo al comma 7 prevede che, in caso di accessi sostanziali, l’avviso di accertamento non può essere emesso, salvo che sussistano requisiti di particolare e motivata urgenza, prima che siano decorsi 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione. Tale termine è stabilito al fine di consentire lo svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale tra le parti. Per i tributi armonizzati a livello comunitario, come l’IVA, tale obbligo è previsto espressamente dal diritto comunitario ed il mancato rispetto del termine determina l’illegittimità dell’atto impositivo (purché venga fornita la cosiddetta “prova di resistenza”, ovvero che il contraddittorio non sia pretestuoso, e che attraverso il suo svolgimento si sarebbe avuto un esito diverso del procedimento).
Per i tributi non armonizzati, invece, l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale deve essere espressamente previsto dalla legge interna dei singoli Stati membri, affinché vengano garantiti i diritti dei contribuenti, rispettando i principi comunitari di equivalenza (tra tributi armonizzati e tributi interni ai singoli Stati) ed effettività (ovvero, il diritto interno deve consentire l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’Unione Europea , tra i quali, appunto, il contraddittorio).
La Sentenza in esame, inserendosi in un indirizzo giurisprudenziale formatosi in seno alla stessa Corte di Cassazione (in senso conforme, tra le altre, si indicano le Ordinanze della Cassazione n.9215/2017, n.29143/2017, n.3060/2018 e n.8750/2018), afferma l’importante principio, che la previsione normativa espressa nell’ambito dell’ordinamento nazionale della nullità dell’atto impositivo in caso di mancato rispetto del termine dei 60 giorni per il contraddittorio (come nel caso dell’art.12 della L.212/2000), assorbe la prova di resistenza, e pertanto,la stessa non sarà richiesta anche nel caso l’atto impositivo contenga tributi armonizzati come l’IVA (ed a differenza di quanto stabilivano precedenti Sentenze della Cassazione, tra le quali la n. 24823/2015, n.2873/2018 e n.5408/2018).
Recentemente, inoltre, la Corte di Cassazione è stata chiamata a giudicare in merito all’inammissibilità per inesistenza ed alla nullità della notifica di un atto di appello effettuata nei confronti del difensore dell’originario attore deceduto nel corso del giudizio di primo grado e non delle eredi dello stesso, nonostante la conoscenza di tale fatto da parte dell’appellante, in quanto la Sentenza di primo grado era stata a lui notificata proprio dalle eredi dell’originario attore.
Ebbene, con la Sentenza n.29900 del 20 novembre 2018, la Corte di Cassazione, nonostante diversi orientamenti giurisprudenziali, data l’assenza di una disciplina specifica sull’argomento, ha stabilito in primis che non poteva trattarsi di inesistenza della notificazione (in quanto la stessa è configurabile solo in caso di totale mancanza materiale dell’atto o in caso la stessa sia stata posta in essere senza gli elementi costitutivi essenziali, ovvero l’attività di trasmissione svolta da un soggetto abilitato e la consegna effettiva andata a buon fine); riguardo poi alla nullità della stessa, la Corte ha stabilito che nel caso di specie doveva considerarsi comunque sanata, con efficacia ex tunc, per via della costituzione in giudizio degli eredi della parte intimata (secondo il principio della sanatoria delle nullità processuali per il raggiungimento dello scopo dell’atto).
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