Con l’ordinanza n. 19212 del 7 luglio 2021, la Corte di Cassazione ha confermato che il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti, non può essere inficiato da un mero giudizio di congruità o meno del costo sostenuto; la dimostrazione dell’eventuale antieconomicità dei costi, con onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria, deve risultare assolutamente manifesta e macroscopica, tanto da essere un indicatore di non verità della fattura o dell’operazione posta in essere o di non inerenza del bene o servizio per la realizzazione di operazioni soggette all’imposta, al fine di poter giustificare l’esclusione del diritto alla detrazione.
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Nel caso esaminato dalla Corte, l’Agenzia delle Entrate negava tale diritto per gli acquisti da parte del contribuente, in quanto lo stesso
risultava aver applicato una percentuale di ricarico sulle vendite del tutto incongrua ed antieconomica, anche in relazione alla media del settore.
Per la Corte, però, anche in considerazione dell’orientamento consolidatosi sul punto, ai fini IVA, è irrilevante il sindacato sull’antieconomicità dei costi sostenuti (salvo la stessa non sia macroscopica) e non può condurre ad un giudizio di non inerenza ed all’esclusione del diritto in questione; a differenza delle imposte sui redditi, dove, invece, la stessa antieconomicità può comportare la non inerenza e l’indeducibilità del costo.
Successivamente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.22092 depositata in data 3 agosto 2021, ha invece, negato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta da una Società per un acconto corrisposto a seguito della stipula di un preliminare di compravendita di un immobile.
Ciò in quanto è stata riscontrata la natura simulata del contratto e l’assenza dell’effettiva volontà delle parti di concluderlo, sia per l’eccessiva differenza tra il prezzo pattuito nel preliminare e quello di effettiva vendita a terzi e sia per la sproporzione dell’acconto pattuito rispetto al prezzo di cessione.
Il preliminare era stato sottoposto alla condizione sospensiva di trovare dei conduttori per l’immobile in questione entro un termine e ad un canone prestabilito e non essendosi verificata, la cessione definitiva non era poi stata posta in essere. Anche secondo i principi fondamentali stabiliti dalla Corte di Giustizia UE, deve essere riconosciuta la spettanza del diritto alla detrazione dell’IVA corrisposta dal promissario acquirente sull’acconto effettivamente versato e riscosso, purché gli elementi fondamentali della cessione definitiva fossero al momento del pagamento ben definiti.
In sostanza, nel momento del pagamento dell’acconto sorge sia l’esigibilità dell’IVA nei confronti del cedente che il diritto alla detrazione dell’IVA da parte del cessionario, senza che si debba tener conto di ulteriori elementi conosciuti in seguito e che potrebbero rendere incerta la conclusione dell’operazione; soltanto se al momento del pagamento venisse comprovata la conoscenza da parte del cessionario dell’intento fraudolento, in base ad elementi di fatto ed oggettivi, sarebbe possibile escludere la spettanza di tale diritto.
L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n.584 del 14 settembre 2021, si è espressa ufficialmente riconoscendo da subito il diritto alla detrazione dell’IVA (e se ricorrono tutti i presupposti, a chiederne il rimborso) anche relativamente agli acquisti effettuati prima dell’avvio di un’attività economica, che poi successivamente non è stata più iniziata e pertanto, in assenza di operazioni attive poste in essere, con il limite della verifica analitica caso per caso che la natura dei beni e servizi acquistati sia coerente con la stessa attività.
L’interpello in questione si riferiva alla possibilità di richiedere il rimborso IVA maturato da parte di una società che aveva stipulato un contratto di locazione di un albergo in qualità di conduttore, accollandosi i costi della ristrutturazione dell’immobile riaddebitati ad essa dal locatore, salvo poi risolvere il contratto prima dell’avvio dell’attività per il mancato rispetto del termine di consegna.
Tale risposta è molto importante specie nel periodo attuale di emergenza sanitaria e si pone nel solco della giurisprudenza della Cassazione che aveva riconosciuto più volte tale diritto, purché il contribuente dimostrasse l’inerenza e la riferibilità degli acquisti rispetto alle operazioni attive, considerando sia il lasso temporale tra l’acquisto e l’utilizzo dei beni e servizi e sia la natura degli stessi. Ed anche la Corte di Giustizia UE aveva riconosciuto che il diritto alla detrazione una volta esistente, rimaneva comunque acquisito anche se poi l’attività che era programmata, per ragioni contingenti ed estranee alla volontà del soggetto passivo, non era più stata posta in essere.
Infine, anche la Sent. della Corte di Giustizia UE del 25 novembre 2021, causa C-334/20, ribadisce il principio per il quale il diritto alla detrazione dell’IVA spetta a prescindere dal fatto che la fattura per acquisto di servizi pubblicitari sia stata emessa dal cedente per un importo superiore a quello ritenuto, invece, congruo dall’Agenzia delle Entrate ed indipendentemente dal fatto che il veicolo pubblicitario scelto (sponsorizzazione in un campionato automobilistico) fosse ritenuto non utile ad incrementare la visibilità e le vendite, considerando la tipologia di clientela del soggetto passivo.
La Corte, conferma che il diritto alla detrazione non può essere, in linea di principio, soggetto a limitazioni ed è, quindi, ininfluente che il prezzo pattuito tra le parti prima del compimento dell’operazione e sulla base di criteri prestabiliti, sia superiore o inferiore a quello di mercato, quando tra le prestazioni ricevute e le singole operazioni attive o l’attività nel complesso esercitata dal cessionario, vi sia un nesso diretto ed immediato.
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