La Sentenza della Corte di Cassazione n.16686 depositata in Segreteria in data 3 maggio 2021, ha annullato il provvedimento del Tribunale che aveva revocato gli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto imputato del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art.11 del D.Lgs. n. 74/2000, sulla base del fatto che tale condotta va analizzata unitariamente, tenendo presente il disegno complessivo dei vari atti posti in essere e stabilendo anche che la soglia di punibilità prevista in 50.000,00 euro, vada considerata relativamente all’intero debito erariale, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia derivato da una o più annualità d’imposta.
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Il caso in esame si fondava su uno stratagemma tale per cui in apparenza alcune ditte fossero di proprietà di diversi soggetti, ma nella realtà ei fatti erano gestite da una stessa persona che ne percepiva gli utili svuotando le relative casse sociali attraverso molteplici bonifici su conti correnti di cui aveva la disponibilità e da cui prelevava successivamente contanti o effettuava ulteriori bonifici su conti correnti esteri.
Per il giudice di merito il fatto che tali operazioni di svuotamento delle casse sociali avvenissero con mezzi tracciabili (bonifici bancari) bastava per escludere la fraudolenza e la sussistenza stessa del reato presupposto.
Per la Cassazione, invece, la rappresentazione di una realtà non rispondente al vero, impediva o quanto meno rendeva più difficoltosa all’Agenzia delle Entrate di individuare l’effettivo beneficiario e di procedere al recupero del credito da essa vantato nei suoi confronti, pertanto, riconoscendo l’esistenza del reato contestato.
Proprio l’art.11 del D.Lgs. n.74/2000, infatti, sanziona tutti coloro che al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o IVA, interessi o sanzioni amministrative relative a tali imposte, per un ammontare superiore a 50.000,00 euro, alieni simulatamente o compia altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui (questi ultimi intesi come tutti quei comportamenti che anche se formalmente leciti, nascondano inganni, artifici, o stratagemmi in grado di rappresentare ai terzi una realtà o una riduzione del patrimonio difforme dal vero, al fine di sottrarre le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva da parte dell’Erario).
Per la Corte, il Tribunale aveva valutato solo la singola condotta dello svuotamento delle casse sociali ritenendola non fraudolenta in quanto avvenuta con movimenti bancari tracciabili, senza però considerarla unitamente alle altre, come parte di una sequenza complessiva finalizzata a non versare le imposte dovute da parte dell’effettivo beneficiario.
Infine, sempre la Sentenza, evidenzia che per il reato in questione, la norma contenuta nel D.Lgs. n. 74/2000 (a differenza di altri reati tributari) non prevede che la soglia di punibilità di 50.000,00 euro si riferisca ad una singola annualità o alla singola imposta evasa, considerandolo come reato di pericolo per il quale è richiesta solo l’esistenza del credito erariale che possa essere riscosso coattivamente per imposte sui redditi o IVA, interessi o sanzioni, nel momento in cui viene posto in essere l’atto fraudolento o simulato, al fine di tutelare la garanzia patrimoniale dell’Erario.
Anche la successiva Sentenza della Corte di Cassazione n. 20371 depositata in data 24 maggio 2021, ribadisce che il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte sui redditi o dell’IVA ex art. 11 del D.Lgs. n.74/2000 è un reato di pericolo, in cui il profitto del reato stesso deve essere individuato nella somma di denaro o altre attività patrimoniali sottratte alla garanzia dell’Erario; pertanto, con la riduzione del patrimonio su cui l’Erario ha diritto di soddisfarsi, a seguito di atti di cessione simulati o altri atti fraudolenti posti in essere e non con il debito tributario evaso.
Di conseguenza è possibile procedere a decurtare da tale patrimonio le somme già recuperate dal Fisco a seguito delle cessioni o anche dei versamenti effettuati dal contribuente.
La fattispecie in esame, riguardava un sequestro a seguito del reato contestato ad una Srl che, già in fase di decozione e successivamente fallita, aveva ceduto l’azienda ad altre due società.
La Corte, innanzi tutto, richiama l’art. 2560 Cod. Civ. che espressamente prevede in caso di cessione d’azienda, che anche l’acquirente risponde dei debiti se risultano dai libri contabili obbligatori; inoltre, per i debiti tributari, l’art. 14 del D.Lgs. n.472/1997 stabilisce che il cessionario è solidalmente responsabile con il cedente, nei limiti del valore dell’azienda o del ramo della stessa per il pagamento delle imposte e delle sanzioni riferibili a violazioni commesse nell’anno della cessione o nei due precedenti e per quelle irrogate nello stesso periodo anche se riferite a violazioni commesse in precedenza, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente.
Quest’ultimo articolo, è considerato da costante giurisprudenza, norma speciale rispetto all’art. 2560 Cod.Civ. ed avente natura antielusiva, ovvero finalizzato ad evitare che attraverso la cessione d’azienda possa essere leso l’interesse pubblico.
La Corte, infine, ha ravvisato l’esistenza del reato di sottrazione fraudolenta, anche dall’insieme delle altre operazioni poste in essere, di per sé lecite, ma connotate da artifici o inganni per sottrarre le garanzie patrimoniali all’Erario, quali la creazione di altre srl gestite da componenti della stessa famiglia per svolgere le stesse attività della srl originaria, nonché le cessioni di rami d’azienda di quest’ultima in assenza di un reale corrispettivo.
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