Con la Circolare n.31 del 1 agosto 2022, l’Agenzia delle Entrate ha cambiato la propria interpretazione in merito alla riportabilità delle perdite fiscali della scissa da parte della società beneficiaria della scissione, rispetto alle precedente Circolare n.9 dalla stessa emanata il 9 marzo 2010, seppur prevedendo la disapplicazione delle sanzioni nei confronti dei contribuenti che si fossero adeguati a quest’ultima, nel rispetto del principio di tutela dell’affidamento e della buona fede.
Con la nuova Circolare, in sostanza, il cosiddetto “test di vitalità” per verificare la possibilità da parte della beneficiaria della scissione di riportare le perdite pregresse ereditate dalla scissa, avrebbe dovuto essere eseguito solo sull’effettivo patrimonio netto scisso destinato alla beneficiaria (e non, quindi, sull’intero patrimonio della scissa ante scissione) a cui verrebbero, pertanto, attribuite le perdite pregresse della scissa, in proporzione al rapporto tra il patrimonio netto contabile di scissione e quello della scissa ante scissione così determinato.
La Circolare, al fine di consentire la corretta applicazione dell’art.173 TUIR per il subentro delle posizioni soggettive, distingue poi il caso in cui alla beneficiaria venga attribuito un patrimonio netto (e conseguentemente le perdite fiscali pregresse della scissa) costituito da un’azienda o da un ramo d’azienda, da quello in cui lo stesso sia rappresentato da singoli beni o insieme di beni non costituenti un’azienda nell’accezione comune dell’ordinamento tributario.
Nel primo caso (patrimonio scisso rappresentato da un’azienda), le società partecipanti alla scissione potranno verificare il superamento del test di vitalità (in relazione alle previste soglie dei ricavi e del costo del lavoro) con relativa certezza solo nel caso in cui la scissa adotti per tutto l’arco temporale di riferimento un sistema di contabilità separata; diversamente si renderà necessaria la presentazione di un’apposita istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per avere conferma da parte della stessa, della correttezza dei calcoli compiuti per attribuire i ricavi ed il costo del lavoro all’azienda (o ramo d’azienda) scissa, rispetto al totale.
Nel secondo caso (singoli beni o complesso di beni non costituenti un’azienda), non essendo possibile riferire i ricavi o il costo del lavoro specificatamente ai beni oggetto di trasferimento, necessariamente le società partecipanti alla scissione dovranno presentare un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per l’eventuale disapplicazione dei limiti al riporto delle perdite fiscali pregresse, individuando criteri alternativi che evidenzino comunque la capacità di produrre redditi in futuro da parte di tali beni (ovvero la loro “vitalità”, intesa come la possibilità di riassorbire le perdite ereditate dalla scissa) o come flussi, derivanti ad esempio dalla possibilità di concederli in locazione, o attraverso atti realizzativi che generino plusvalenze.
Con la risposta all’interpello n.496 del 6 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il regime fiscale del “realizzo controllato” ex art.177, c.2 e 2-bis del TUIR, può essere applicato per fattispecie caratterizzate da un oggettivo fondamento economico e non per quelle in cui la ragione prevalente dello scambio di partecipazioni sia quella del passaggio al regime di tassazione IRES più favorevole, come nel caso della “partecipation exempition” sui dividendi, rispetto a quello IRPEF riservato alle persone fisiche non imprenditori, generando così un salto d’imposta, in contrasto con il principio generale dell’ordinamento tributario.
L’interpello verteva sulla valutazione della liceità fiscale (in relazione all’abuso del diritto ex art.10-bis della L. n. 212/2000) di un conferimento di partecipazioni ex art.177, c.2 del TUIR, seguito da una scissione totale non proporzionale della società le cui partecipazioni erano state oggetto di conferimento a favore di una beneficiaria neocostituita e della conferitaria stessa.
Pur concludendo per la liceità di tale operazione nel caso specifico oggetto di interpello, in quanto l’insieme di operazioni erano finalizzate principalmente a semplificare il rapporto di concambio della successiva scissione senza determinare salti d’imposta, sembrerebbe da tale risposta, che il conferimento di partecipazioni da parte di persone fisiche non imprenditori in regime di realizzo controllato, se finalizzate alla sola successiva cessione in PEX da parte della conferitaria di tali partecipazioni (sempre dopo almeno dodici mesi, dato che il conferimento non consente di retroagire il possesso della partecipazione da parte della conferitaria, alla data di acquisto della conferente) possa essere oggetto della valutazione anti abuso ex art.10-bis della L. n.212/2000 da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Così interpretando la risposta in esame, essa appare in contrasto con la precedente n.199 del 22 marzo 2021, resa per un analogo caso dove si affermava, in modo assolutamente più condivisibile e guardando all’effettivo incasso del reddito da parte della persona fisica e non al momento del realizzo della plusvalenza, che non vi erano reali salti d’imposta, in quanto il conferimento avveniva in neutralità fiscale e la plusvalenza realizzata con la cessione sarebbe stata tassata solo per il 5{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} (PEX), ma poi successivamente in sede di distribuzione al socio, il dividendo sarebbe stato assoggettato alla ritenuta a titolo d’imposta del 26{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} (così come se si fosse direttamente proceduto alla cessione della partecipazione da parte della persona fisica, che avrebbe scontato l’imposta sostituiva del 26{c6f1e3cbbf388f39af87624e7ab33d42cc5a4ced45b8f171171c043a5d28b876} sull’intera plusvalenza realizzata).
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